Mutui casa: diminuiscono loan to value e somme richieste
Le banche ridimensionano i criteri di erogazione dei finanziamenti
Si chiama LTV ed è un acronimo inglese che significa Loan To Value ossia un rapporto, una proporzione, in questo caso specifico tra il valore di un immobile e la somma richiesta come mutuo alla banca per il suo acquisto.
Nonostante i dati economici indicano che il mercato immobiliare continua a tenere, l’accesso al credito diventa sempre più difficile, vuoi perché gli istituti di credito hanno inasprito il proprio score finalizzato alla concessione, vuoi perché proprio il mercato del mattone, non avvertendo flessioni, continua ad avere prezzi esorbitanti rispetto alle effettive disponibilità delle famiglie, vecchie e nuove, costrette a fare i conti con la crisi e la recessione.
Dunque ecco le risultanze dell’ultimo studio condotto sul settore mutui casa: se fino a qualche anno fa gli istituti di credito procedevano ad autorizzare l’erogazione delle somme richieste anche se queste erano uguali o di poco superiore al valore dell’immobile da acquistare, adesso le banche hanno ridimensionato i criteri di erogazione ponendo dei limiti ben precisi e dei confini all’erogazione, sia in base al rapporto tra reddito dimostrabile e rata dell’ammortamento, sia appunto per la loan to value concedendo di rado importi che superano dell’80% il valore della casa.
Tutto questo principalmente per limitare il rischio; infatti aumentando i casi di sofferenze e ritardi che finiscono con la vendita all’asta dell’immobile, gli istituti finanziatori cercano di erogare sempre meno in modo da poter rientrare non solo della perdita pecuniaria e del capitale residuo a debito, ma anche degli interessi a scadenza e di quelli di mora, nonché dalle esose spese legali da anticipare per i procedimenti esecutivi.
Si stringono i cordoni della borsa fino a giungere a poco più del 60% del valore reale, in base alla rilevazione dello studio, contro il 75% del 2010. Inoltre diminuisce anche il valore medio delle operazioni portate a termine che da un importo di poco superiore ai 160 mila euro del 2010 è crollato a meno di 145 mila, con buona pace dei banchieri che hanno visto anche l’inversione della tendenza nella scelta del tasso con un aumento dei mutui con ammortamento variabile rispetto a quelli con il tasso fisso complice l’economicità dell’Euribor.